Recensione critica.- Certamente fra i nostri amici e lettori ve ne sono parecchi che coltivano con passione la letteratura, le belle arti, la musica e perché no, anche… l’orticello di casa. Credetemi, è cosa rara che una persona eclettica riesca a far veramente bene più cose nello stesso momento. Ma esistono – in vero pochi – quelli che ne sono capaci e qui voglio citare tra i collaboratori di questo periodico, i talentuosi che manifestano la loro personalità in modo versatile. Il mio pensiero corre perciò ai più antichi e vicini, ai consolidati collaboratori de IL BANDOLO, come la Prof. Daniela Di Benedetto che alterna tuttora con successo l’attività concertistica di pianista con la stesura di romanzi e di poesie e trova pure il tempo pure di curare i gatti randagi nei pressi di casa; oppure alla Prof. Palma Civello, sempre giustamente premiata nei concorsi letterari di tutta Italia per la sensibilità particolare delle sue sillogi poetiche, dei racconti o per i vernissage a cui partecipa con soddisfazione e a Saba Cloos, già musicista anche lei, oggi novantenne e ben nota giallista palermitana che dipinge altrettanto bene di come scrive i suoi “noir” ambientati a Palermo e che IL Bandolo si è compiaciuto di editare recentemente.
Questa premessa si è resa necessaria per introdurre all’attenzione dei lettori un nuovo personaggio che sarebbe indelicato definire “cavallo di razza” in quanto trattasi di una leggiadra signora comasca: Gianna Binda. Anche lei pittrice, poetessa, scrittrice ed anche docente ma non di Latino, Storia, Italiano, Greco, …no, bensì di Tecniche farmaceutiche e Farmacista essa stessa. Ciò a dimostrare che la predisposizione per le belle lettere e l’arte non è solo frutto di un’incubazione umanistica ma può derivare da un talento personale che talvolta per manifestarsi ha bisogno di tempo per lacerare con tranquillità quella placenta di insicurezza dovuta magari alla mancanza di studi specifici nell’età scolastica. Ebbene, l’eclettismo di Gianna Binda, abituata per professione ad essere esatta, scrupolosa – guai se ciò non fosse – nell’alchimia delle composizioni farmaceutiche miscelate nel retrobottega della sua Farmacia secondo i dettami della farmacopea che non consente approssimazioni, si ritrova nella economia dei suoi romanzi che non sono assolutamente lo scorrere asettico di una trama gettata lì a casaccio ma l’alibi per poter trasmettere un messaggio edificante. D’altronde non potevamo dubitarne dal momento che la versatilità di Gianna ha avuto modo di temprarsi anche sul versante civile e ambientalistico delle sue contrade natali. Così, il breve racconto “Alina” che i lettori possono avere l’opportunità di leggere su www.bandolo.it, offre un breve saggio delle capacità espressive dell’autrice. Nella piccola storia citata, l’idea della solidarietà viene rappresentata come sorgente in modo spontaneo fra i componenti di un colto gruppo festaiolo che si rende conto di poter essere utile, con la propria professionalità, alla svantaggiata Adina. Ma Gianna Binda pur accostandosi forse un po’ tardi alla scrittura, dal 2009 ha pubblicato moltissimi articoli per giornali e web ed otto libri che segnaliamo qui di seguito: Volevo solo separarmi, La luce della libertà; Quel ramo del lago di Como…quello che ne resta;Uomini liberi;Versi di Luce; Onde di emozioni;Nemmeno di fronte all’evidenza dei fatti;La Mia isola; quasi tutti editati dalla prestigiosa Casa editrice Aletti.
L’ottimismo di fondo che accompagna, in Adina, il messaggio solidaristico emerge in modo più convinto dalle pagine dell’ultima fatica dell’Autrice: “La mia Isola, come vivere felici in un mondo senza denaro”, dove la performance letteraria si pone come obiettivo la proposta di un progetto economico sociale. Utopistico quanto si vuole ma accreditato da “precedenti” autorevoli come il mito di Thule o di Utopia di Thomas More. L’sola di cui parla l’Autrice è un luogo virtuale ove si ritrovano alcuni uomini e donne che hanno coscienza di essere sopraffatti dalla civiltà “incivile” ma non si sentono vinti.
Il noto critico comasco, l’autorevole Prof. Vincenzo Guarracino, conterraneo di Gianna Binda, nel recensire la sua precedente opera “Uomini Liberi”, alla luce anche del precedente “Volevo solo separarmi” non può che pronunciarsi in modo lusinghevole nei confronti della Binda in quanto riconosce in lei la capacità “di vedere come storie individuali e collettive si intreccino e determinino vicendevolmente – lasciando trasparire l’intensa passione che anima l’autrice – un’anima davvero “bella” per l’investimento emozionale che sa profondere”.
Anche noi non possiamo non riconoscere la bell’anima di Gianna Binda nel citato volume “La mia Isola…”, e notiamo altresì che l’autrice non teme di navigare in acque insidiose, quelle della concettualità socio economica. Essa riesce a frammischiare le soluzioni di “teoria economica” con spunti autobiografici amalgamati con la sapienza dello “speziale” e dal momento che possiede una vocazione salutistica molto forte, anche questa viene introdotta nel contesto del romanzo. Insomma il lettore che, in un prima battuta potrebbe essere indotto al disorientamento, dopo alcune pagine, si affeziona alla “idea” che traspare anche in modo evidente e continua a leggere con crescente curiosità sino alla fine, come la <<propagazione di una reazione chimica>>, per usare una sua metafora finale.
Gianna Binda. Comasca, Farmacista, già docente di Tecniche di laboratorio. Scrittrice prolifica e poetessa, pluripremiata pittrice dallo stile eclettico, idealista di cultura laica e liberale con vocazione ecologica e salutista si è impegnata proficuamente nel sociale battendosi contro gli sprechi di denaro pubblico negli anni 2006/2013 e meritandosi la stima dei conterranei per la sua onestà intellettuale. Su www.bandolo.it, presto, una recensione del suo ultimo successo editoriale.
Pubblico quì: ( a richiesta dell’Amica Gianna Binda) nella parte dedicata a coloro che vogliono arricchire questo mio blog con le proprie opere un racconto Dal Titolo ADINA -Racconto di Solidarietà –http://www.bandolo.it/?m=20160912Tratto da ” IL BANDOLO” Periodico di cultura fondato a Palermo nel 1901
Adina, un nome che richiamava l’omonima protagonista dell’opera donizettiana “l’elisir d’amore”, affittava lettini ed ombrelloni lungo la spiaggia vicino alle saline dell’isola di Formentera. La spiaggia – “La Savina” – era una delle più belle dell’isola, dalla forma caratteristica di leggiadra farfalla dove l’acqua era particolarmente pulita grazie alla Poseidonia, pianta dalle nastriforme foglie, che ovunque si trovi rappresenta un vero polmone acquatico che favorisce l’ossigenazione dell’acqua.
Quella spiaggia richiamava ogni anno numerosissimi bagnanti da ogni parte del mondo attirati dalle acque turchesi e limpidissime e dalla sabbia dorata che assumeva a volte colorazioni rosate con giochi di luce straordinari. Le numerose accoglienti attrezzature turistiche abbinate agli eccellenti servizi favorivano il flusso di turisti che amavano il divertimento abbinato alle deliziose offerte della natura.
Adina, di origine rumena, aveva un difetto alle anche, già dalla nascita, peggiorato da interventi chirurgici disastrosi: aveva sopportato ben tredici interventi con la speranza di ottenere un miglioramento ed ora era sfiduciata ma non aveva perso il suo entusiasmo per la vita. L’ultimo intervento, anch’esso devastante, era stato eseguito in Spagna e le aveva procurato un accorciamento della gamba costringendola ad una vita legata all’uso della stampella.
E così si muoveva tra gli ombrelloni e i lettini della spiaggia per riscuotere il pagamento dei corrispondenti noleggi. Tra i bagnanti che frequentavano “La Savina” vi era un gruppo di amici italiani tra cui Claudio, un valente medico ortopedico.
<<Como estas?>> La musicalità della lingua spagnola unita alla calma voce di lei conferivano un ritmo gradevole alle sue parole.
E Claudio nel guardarla rimase colpito da quella giovane ragazza dai biondi e lisci capelli che lo osservava con i suoi occhi azzurri come il cielo e, professionalmente si ripromise di indagare sui motivi che l’avevano costretta a vivere in un continuo dondolio supportato a malapena dall’uso delle stampelle.
<<Bien, …y usted?>> cominciarono così a conversare come vecchi amici.
La spontaneità della ragazza aveva conquistato tutti i componenti del gruppo che si erano interessati del suo stato. Le giornate in spiaggia favorivano i contatti sociali e così, giorno dopo giorno, fra di loro si cementava una belle amicizia consolidata dal calore che si respirava sull’isola e dall’energia che il caldo sole sembrava voler trasmettere loro.
Molti componenti del gruppo avevano prestato servizio nelle strutture ospedaliere comasche e cominciava a farsi strada l’idea che Adina meritasse un’occasione per riprendersi in mano la sua giovane vita da vivere nello splendore dell’età, senza doversi rapportare con quella claudicante realtà.
Simona lavorava presso l’ufficio amministrativo di una rinomata clinica e cominciò a proporre alla giovane l’ipotesi di un nuovo intervento alle anche, questa volta risolutivo e restituivo dell’uso corretto delle gambe. Il gruppo ne aveva parlato dopo aver visionato la documentazione sanitaria completa che la giovane aveva fornito.
<<Certamente l’intervento eseguito in Spagna ha complicato la situazione. Dall’immagine radiografica risulta evidente che il chirurgo è intervenuto accorciando la gamba destra, una volta accortosi dell’inserimento scorretto nell’anca>> Di fatto, Adina, dopo questa risoluzione, era rimasta claudicante con una arto più corto dell’altro. Si era verificato insomma una dei casi in cui il rimedio si era mostrato peggiore del male.
<<Si potrebbe operare Adina in Italia. Conosco un mio amico, chirurgo abilissimo, specializzato in questo tipo di operazioni che potrebbe eseguire l’intervento presso l’ospedale milanese dove spesso collabora>>. Claudio, Simona e gli altri avevano cominciato a sensibilizzare anche il personale infermieristico che era con loro in vacanza e insieme stabilirono che si doveva attuare un piano che consentisse ad Adina un ricovero in regime di assistenza sanitaria in accordo con la Romania, il suo paese d’origine.
<<Il punto più difficile rimane quello di convincere il governo rumeno a concedermi il nulla osta per un intervento chirurgico all’estero. Il mio paese ritiene di possedere strutture e personale adeguato per simili interventi>> Così si esprimeva Adina che oltre a essere disincantata sembrava restia a voler tornare sotto i ferri. Ormai aveva perso ogni speranza e cercava di vivere il più serenamente possibile nonostante il grave disagio da sopportare ogni giorno.
Ma il destino aveva un piano completamente diverso e si era servito della determinazione di quegli amici comaschi per permettere il meritato miracolo. La vita, del resto è già di per sé un prodigio. A volte le situazioni più assurde sembrano dipanarsi e, come tasselli di un grande puzzle, fatalmente tutto ritrova la sua esatta collocazione. Il vento giusto e favorevole sembrava soffiare nella corretta direzione.
Si convenne di aspettare la fine dell’estate, quando la ragazza sarebbe tornata la suo paese natio e, tutti loro insieme, avrebbero provveduto sia alla copertura assicurativa che alla definizione dell’intervento. In Romania non era certo facile ottenere un simile permesso ma Adina aveva chiesto aiuto ad un parente medico che l’aveva indirizzata correttamente agli uffici competenti ed aveva, forse, speso una parola in suo favore.
Il chirurgo Italiano che l’avrebbe operata si era pronunciato subito col dire che presso la clinica privata “H…”; l’operazione sarebbe costata parecchio per cui fu ritenuta opportuna e necessaria la partecipazione del servizio sanitario rumeno.
Ancora una volta il destino si era mostrato benigno e la sanità rumena aveva concesso il nulla osta con la scusante che nel paese non poteva essere eseguito un intevento del genere così complesso ed articolato: si dovevano operare entrambe le anche, prelevare un pezzo d’osso dal femore destro ed operare infine l’allungamento di quella parte che in Spagna avevano accorciato, effettuare infine la fisioterapia mirata alla riabilitazione completa.
Adina avrebbe potuto correre incontro alla vita che l’aveva privata dalla possibilità di inseguire una variopinta farfalla o di far volare un aquilone. Già, il piacere di far volare un aquilone che si libera in volo e sale verso il cielo infinito così come i nostri sogni che sembrano preghiere rivolte ad un universo amico, nella speranza che possa arrivare il giorno in cui la Giustizia riesca a sconfiggere le tante assurdità della vita.
Adina aveva recuperato fiducia; gli amici italiani erano stati meravigliosi, avevano organizzato tutto sin nei minimi particolari; avevano trovato perfino una struttura vicino all’Ospedale riabilitativo di Mariano Comense dove sua sorella Claudia avrebbe potuto alloggiare, restandole vicino e confortandola. Claudia era una sorella splendida: al contrario della biondissima Adina, aveva dei lunghi e ricci capelli corvini, con grandi occhi espressivi di un intenso color blu. Lavorava da tempo in Inghilterra e si era resa disponibile a seguire in Italia la sorella adorata così provata dalla vita.
Claudio e Simona erano riusciti a sensibilizzare il personale infermieristico dell’ospedale cittadino e in molti sie erano dati da fare per aiutare la ragazza.
Adina si sottopose a due interventi chirurgici dolorosissimi alle anche a distanza di una settimana. Difficilmente questo tipo di intervento veniva eseguito ad entrambe le anche in così breve lasso di tempo ma l’abilità del chirurgo, abbinata all’urgenza di un rintro veloce in Romania aveva costretto l’equipe medica ad una simile risoluzione.
Ora, nel piccolo letto d’ospedale il suo fragile ed esile corpo sembrava scomparire tra le candide lenzuola. Il suo viso sottile era pallido e sofferente. Quel pomeriggio sarebbe arrivato Claudio a controllare le radiografi e avrebbe parlato coi medici della struttura circa la riabilitazione.
Adina faticava non poco a camminare e temeva che tutto il suo sforzo fosse stato una volta di più, inutile. Il sorriso radioso di Claudio le fece tornare il sorriso.
<<Ho parlato ora con la dottoressa e mi ha confermato che tutto sta procedendo al meglio. L’intervento è riuscito e tu potrai tornare a camminare normalmente.>>
-<<Grazie!>> e abbracciò il suo salvatore con affetto. Ora sarebbe ritornata in Romania dove l’attendevano il padre ed i fratelli.
Anche il viaggio di rientro era stato organizzato minuziosamente. Ma prima, tantissimi amici avevano deciso di festeggiare la buona riuscita dell’intervento con una cena in un noto ristorante di Saronno. Adina e la sorella erano felici e quella sera tutti avevano circondato le ragazze di calorosa attenzione. Poi, la partenza.
E già dopo qualche giorno, dalla Romania giungevano notizie meravigliose di Adina che continuava a recuperare, divenendo sempre più autonoma nel camminare: via, finalmente, le stampelle che l’avevano accompagnata e condizionata per gran parte della sua vita! Ora correva incontro al futuro con maggiore serenità e nella consapevolezza che al mondo gli affetti sinceri potevano trovarsi anche al di fuori della propria famiglia.
La sua era stata un’esperienza estremamente significativa. Gli angeli potevano nascondersi in ogni persona. Il mondo non era tutto da rifare.